correlati neurobiologici del trauma con particolare attenzione all’età evolutiva

05.04.2018

Gli eventi traumatici soprattutto se vissuti in età evolutiva hanno effetti sullo sviluppo del soggetto sia a livello sociale e psicologico, ma anche dal punto di vista neurobiologico. In una rassegna pubblicata da Nicolais, Speranza, Bacigalupi & Gentile (2005) si è andato a sottolineare l'importanza dei correlati neurobiologici negli eventi traumatici, in particolare nel disturbo post traumatico da stress (PTSD). Da questa rassegna si evince che l'esposizione precoce ad eventi traumatici come per esempio vissuti di guerra può predisporre il soggetto allo sviluppo del PTSD ma non solo, poiché in questi soggetti si posso riscontrare altri tipi di sintomatologia in comorbilità. Va comunque sottolineato che in linea generale esperienze traumatiche di vario tipo in età evolutiva possono creare dei deficit a livello neurobiologico. Ovviamente l'esposizione al trauma che può creare questi disturbi va vista non come un singolo caso isolato, ma bensì come un esposizioni di tipo "complesso" per esempio il maltrattamento cronico, trascuratezza prolungata o abusi di tipo sessuali e fisici perpetuati nel tempo. Come si evince da questa rassegna, la traumatizzazione ripetuta tende a creare effetti pervasivi sullo sviluppo cerebrale e della mente del soggetto interferendo con un sano sviluppo neurobiologico. In particolare, in termini neurobiologici, il PTSD è stato definito come un disturbo che si manifesta tramite risposte biologiche d'emergenza, che poi persistono a lungo nel tempo. Negli ultimi anni molti autori hanno iniziato ad indagare l'impatto biologico nel vissuto traumatico, grazie anche ai molteplici studi rivolti alle relazioni del cervello-comportamento. Grazie a questi passi avanti nella ricerca clinica, oggi sappiamo che non solo l'esperienza traumatica influisce sullo sviluppo cerebrale del soggetto, ma che addirittura ha una grande influenza sulla differenziazione dello stesso tessuto cerebrale, ovvero, un'esposizione al trauma in età evolutiva, non solo crea problematiche dal punto di vista prettamente emotivo e psicologico, ma anche riguardo una patologica sensibilizzazione della reattività neurofisiologia. In particolare sappiamo, che le esperienze traumatiche possono alterare l'attività dell'asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene (HPA), che ha la funzione nei mammiferi di creare strategie di coping per fronteggiare gli eventi di pericolo o di minaccia. Infatti nei casi di eventi traumatici acuti si ha un aumento dell'ormone dello stress, ovvero il cortisolo che è necessario per la sopravvivenza del soggetto. "Una disregolazione dell'asse HPA è di frequente riscontronegli studi sui correlati neurobiologici del maltrattamento, che rilevano quasi invariabilmente livelli anormali di cortisolo. In quello che Yehuda (2002) ha definito "il paradosso del cortisolo", i sintomi neurofisiologici del PTSD possono contraddire quelle che sono le normali reazioni allo stress acuto che ne prevedono, come ricordato, un aumento" (Nicolais, Speranza, Bacigalupi & Gentile, 2005 p. 9). In un importante studio di Hart, Gunnar e Cicchetti del 1995, che trattava gli esiti neurobiologici dovuti al maltrattamento su bambini in età prescolare, si è riscontrata una minore competenza sociale, un maggiore comportamento esternalizzante e cosa più importante, una minore reattività del cortisolo. Dai risultati emersi gli autori hanno ipotizzato la possibilità che una ridotta attività dell'asse HPA in questi bambini potesse essere un risultato di tipo adattivo proteggendoli dalla possibilità di un ipercortisolismo di tipo cronico. "I risultati di un approfondito studio con gruppo di controllo effettuato da Cicchetti & Rogosch (2001a; 2001b) sui pattern di regolazione neuroendocrina (cortisolo) in un campione di 175 bambini scolari maltrattati, hanno confermato le anormalità dei livelli di cortisolo attese, come pure l'apparente ambiguità degli aumenti e diminuzioni dei livelli riscontrati. Ipercortisolismo è stato rilevato nel solo sottogruppo dei bambini che avevano subito maltrattamenti multipli (multiple abuse group), mentre ipocortisolismo è stato riscontrato nel sottogruppo dei bambini che avevano subìto abuso fisico". (Nicolais, Speranza, Bacigalupi & Gentile 2005 p.10) Gli autori concludono dicendo che risulta improbabile che nel sistema cerebrale di tutti i bambini maltrattati si possano avere danni di tipo neurofisiologico permanente, conclusione che in realtà va in contrasto con studi meno recenti dove invece si pensava che a livello neurobiologico si formassero "ferite" che non si sarebbero rimarginate. Nonostante questo, tutti gli autori sembrano essere d'accordo sull'idea che se l'esposizione al trauma soprattutto se perpetuato nel tempo, si ha in una fascia di età compresa dalla nascita all'adolescenza crei maggiori danni rispetto ad altre tappe della vita, questo perché in questi precisi anni l'architettura cerebrale è in piena evoluzione. "Studi recenti (Bremner, 1999) hanno riscontrato in persone con diagnosi di PTSD, sia adulti, veterani di guerra, sia bambini abusati, una riduzione delle dimensioni dell'amigdala o dell'ippocampo. La riduzione risulta più evidente se il trauma è precoce, ovvero se si è verificato in un momento critico dello sviluppo,e laddove il trauma sia ripetuto (effetto cumulativo)" ( Nicolais, Speranza, Bacigalupi & Gentile, 2005 p.10). In linea generale si è riscontrato che i traumi durante l'età infantile vanno a creare influenze sullo sviluppo normale dell'emisfero destro del cervello, andando quindi a creare dei possibili deficit per l'elaborazione degli stimoli non verbali, per le risposte di attaccamento e soprattutto nella normale regolazione degli effetti e quindi anche nelle risposte adattive a stimoli stressanti.

Dott.ssa Laura Massaroni P.IVA .14707771003
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